Carriacou Sloops

febbraio 13, 2016 in Curiosità, Le rotte di GB, Vela, Vele d'epoca da admin

Testo e foto di : Maurizio Cristofolini

La prima volta che si mette piede su Carriacou si prova una sensazione di abbandono. Poca gente per le strade, niente che salti all’occhio immediatamente come ci si aspetterebbe da un’isoletta dei Caraibi, ma frequentandola piano piano si impara ad amarla per la sua particolare bellezza, una bellezza semplice, naturale, senza pretese, un luogo per riposare. Carriacou ha tutto per farsi piacere: ad ovest  una baia perfetta per un ormeggio sicuro, Tyrell Bay, ad est  una laguna meravigliosa di acqua turchese protetta dal reef  e piccoli villaggi sparsi qua e là, per non parlare dell’abbagliante spiaggia di l’Esterre, o la laguna con le mangrovie, importante rifugio in caso di uragano.

La sua vitalità esplode alla domenica quando i ragazzi si ritrovano per la consueta partita di cricket o le signore si vestono a festa per la messa con una sfilata di cappellini da far invidia alla Regina Elisabetta.

Carriacou si trova oltre una linea di confine immaginaria che finora l’ha salvata dal turismo di massa. Tutti i charter che partono da Martinica, da Saint Lucia o da Saint Vincent si fermano a Union, a sole poche miglia da questa incantevole isola. Nessuno prosegue se non per un bagno veloce a Sandy Island, forse per evitare le procedure burocratiche di entrata e uscita (dogana, immigrazione ecc.) o forse non attira abbastanza perché troppo tranquilla e silenziosa. Carriacou e la sua vicina Petite Martinique, che appartengono entrambe al territorio di Grenada, conservano una particolare tradizione di maestri d’ascia. Nella Tyrell bay e di fronte al villaggio di Windward galleggiano silenziose alcune barche di legno tipiche di questa parte dei Caraibi, barche che qui chiamano Carriacou sloops. Queste piccole meraviglie a vela risalgono a tempi lontani di quando ancora merci, passeggeri e traffici più o meno leciti si sviluppavano sulla rotta nord-sud e viceversa, in questa parte del  mare delle Antille.

Anche ad un profano è  sufficiente un sguardo fugace a queste barche per capire la bellezza e la grazia delle loro linee. E’ solo grazie ai pochi artigiani rimasti e a qualche nostalgico armatore  se ogni tanto abbiamo la fortuna di incrociare questi piccoli velieri dai colori pastello. E’ una tradizione, quella dei maestri d’ascia,che nonostante tutti gli sforzi sia privati che governativi fa molta fatica a resistere.

La diffusione dei velieri di Carriacou inizia nella seconda  metà del 1800 (all’epoca non esisteva ancora l’armo marconi, si usava un grande fiocco montato su un palo)  quando gli abitanti delle isole  decisero di rendersi autonomi, stanchi di dover sottostare ai diktat delle grandi compagnie di trasporto che spesso non si fermavano neanche sulle piccole isole. Costruite per essere veloci ma anche abbastanza larghe per il carico, queste barche si rivelarono robuste e perfette per le brevi tratte sottovento alle isole. Realizzate inizialmente con legno di cedro bianco (Tabebuia heterophylla) per il fasciame e con Greenheart (Ocotea Radioei)  per la chiglia, questi legni venivano importati dalla Guyana e dal Venezuela. Su Carriacou e su Grenada poco è rimasto di questi alberi perfetti per le costruzioni marine, grazie alle loro caratteristiche di resistenza all’attacco dei funghi, termiti e teredini marine. Una volta stagionato, questo legname assume proprietà di durabilità e basso movimento. La costruzione è ovviamente molto spartana, dati gli usi per cui sono fatte. Gli interni sono quasi sempre vuoti, l’armo velico è assai semplice. Sul fondo della sentina troviamo pani di piombo o semplici pietre che fungono da ballast e vengono spostate a mano a seconda del bordo da tenere, anche se molto spesso era il carico che dava stabilità all’imbarcazione. All’epoca non esisteva ancora l’armo marconi. Bastava un grande fiocco montato su un palo per percorrere le rotte abituali da sud a nord con un solo bordo mura a destra per risalire di bolina e uno con mura a sinistra per scendere. Ma non solo la conoscenza della materia è importante, anche credenze pagane e tradizioni vogliono la loro parte. Per esempio gli alberi individuati per la costruzione vanno abbattuti 3 giorni dopo la luna piena, altrimenti la tavola ricavata da questi tronchi si torcerà al punto da non poter essere lavorata o, ancora, la chiglia va bagnata copiosamente con rhum e sangue di capra per propiziarsi un buon varo. Una volta rispettati tutti i rituali ci si può aspettare di veder crescere, su una spiaggia all’ombra dei palmeti,  un’opera  rustica ma di eccezionale bellezza.

Il varo di un traditional sloop è un grande evento sull’isola. L’atto non si compie quando la barca è pronta ma quando gli abitanti sono disponibili a partecipare al varo e decine di braccia spingono la barca in mare tra la gioia e la commozione generale.

Solo quando un altro pezzo di storia è alla boa e tutti possono constatare la grazia e l’eleganza dello scafo, solo allora, incomincia la festa. Rhum e birra scorrono a fiumi, ognuno butta sul barbecue quello che ha portato da casa, parte il reggae e si tira l’alba.

A differenza di un tempo, quando questi sloops erano adibiti solo al trasporto di banane, sigarette, capre, pesce e merci varie, tutto rigorosamente a vela, oggi grazie alle loro caratteristiche linee d’acqua, ultimamente ingentilite ed affinate, queste barche partecipano e vincono regate di barche classiche come la Antigua Classic Regatta di aprile o la Carriacou Regatta di agosto o, ancora, la Grenada Classic Regatta. Questi eventi sono un grande aiuto per mettere in vetrina e far conoscere a tutti queste meraviglie e aiutare una straordinaria tradizione a restare viva. Tanto quanto viva è la luce che brilla negli occhi dei Maestri di un tempo e di oggi. Parliamo di  Zepherin McKlaren, Alwyn Enoe, Calistus e altri ancora  che in decenni hanno contribuito alla sopravvivenza di questo  mito. Con loro ci sono tutti gli armatori che si sono fatti costruire o hanno riportato a nuova vita barche “storiche” come il Mermaid, il Jambalaya, il Genesis, il Summer Cloud e ancora Good Espectation, Sweetheart, Pink Lady, Beauty of Petite Martinique, Mageeta, Loretta B ecc.

Una menzione di merito speciale la riserviamo ad Alexis Andrews che con la sua opera fotografica (vedi i libri “Wanishing Ways” e “Genesis”, editi da Indian Creek Books) sta aiutando fortemente la conservazione di questa tradizione. Oggi visitare Carriacou e  Petite Martinique  equivale a compiere un viaggio nel sogno.