Sembrava ieri quando, a San Pietroburgo, facemmo l’ultima foto con Torben Grael sulle mura della fortezza di Pietro e Paolo dopo la premiazione del vincitore dell’ultima VOR ’08/’09. Oggi a distanza di 2 anni e 5 mesi, finalmente si riparte con la nuova VOR ’11/’12, da Alicante, una piacevole città di mare della provincia Valenciana. Nove tappe intorno al mondo per finire il 7 luglio a Galway in Irlanda dopo 39.000 miglia di avventura estrema. Gli equipaggi si contenderanno il prestigioso trofeo conquistando punti sulle 9 tappe lunghe e sulle 10 in-port race.
Partecipare alla Volvo Ocean Race è un grande impegno sia finanziario che organizzativo. I team sulla linea di partenza non sono tanti, “solo” 6. Alla Volvo Ocean Race non c’è spazio per chi vuole solo provare un’esperienza: qui si viene per vincere e non per partecipare, come accadeva invece alla Withbread Around the World Race dove si vedevano sulla linea di partenza 13/14 barche di cui solo poche, però, avevano reali possibilità di vincere. Oggi il livello tecnico delle squadre è talmente alto e gli uomini sono talmente preparati che tutti sono potenziali vincitori. Insomma la lotta sarà dura come sempre.
Le novità di questa edizione rispetto alla precedente si possono riassumere in 3 punti principali: meno budget, più sicurezza e nuovi percorsi.
– Meno budget per non far diventare la regata una sorta di Coppa America dove spesso vincono i più ricchi, ovvero quelli che hanno più soldi per gli avvocati. Battute a parte, la Volvo Ocean Race ha posto un limite massimo al numero di vele a disposizione 17 anziché 24, 2 alberi e boma, 2 set di pale del timone, 2 coppie di duggerboard (derive mobili laterali).
– Più sicurezza per gli equipaggi grazie all’aumento dei pesi minimi delle laminature di scafo e coperta che porta ad una maggiore robustezza strutturale; rinforzi strutturali sulle parti della chiglia basculante; paratie stagne di poppa e di prua con divieto di stivaggio di qualsiasi materiale; minor peso in chiglia. Accorgimenti, questi, che hanno costretto i progettisti ad aumentare la stabilità di forma. Più sicurezza grazie anche ai collegamenti live 24h che oltre ad essere utilizzati dai media per i propri scopi diventano uno strumento importante per monitorare l’andamento della regata e lo stato degli equipaggi.
– I nuovi percorsi costringeranno i team ad un tatticismo molto più spinto per una navigazione in zone climatiche di ogni tipo con cambi di vento molto frequenti e venti spesso leggeri. Ricordiamo che nelle precedenti edizioni si navigava quasi sempre con venti portanti mentre oggi si fanno anche settimane di bolina.
Ma vediamo chi sono i team in gara:
1 – Abu Dhabi Ocean Race. Nome della barca: Azzam. E’ un team degli emirati Arabi capitanato dallo skipper olimpionico Ian Walker, inglese. La barca progettata dallo studio Farr Design è stata costruita (e lo diciamo con una punta d’orgoglio) a Bergamo dal cantiere Persico SpA, un’azienda altamente specializzata sulla lavorazione di materiali in carbonio.
2 – Camper with Emirates Team New Zealand. Nome della barca: Camper Lifelovers.
Capitanata dallo skipper australiano Chris Nicholson un velista di grande esperienza in regate oceaniche e America’s Cup, la barca progettata da Marcelino Botin è stata costruita dai cantieri Cookson di Aukland, il capo progetto è niente meno che Gran Dalton, un mito della vela oceanica.
3 – Groupama Sailing Team. Nome della barca: Groupama 4
Groupama, con un team francese capitanato dallo skipper Frank Cammas, porta nella VOR le grandi esperienze di regate oceaniche che l’azienda ha acquisito con i multiscafi. Il suo skipper vanta un palmares che ha dell’incredibile: in oceano ha vinto di tutto. L’equipaggio si è allenato sul “vecchio” Ericsson 4, vincitore della precedente VOR. Il nuovo scafo, come il precedente, è progettato da Juan Kouyoumdjian e costruito dal cantiere Multiplast di Vannes, Francia.
4 – Puma Ocean Racing. Nome della barca: Mar Mostro
Puma batte bandiera americana ed è capitanata dall’americano Ken Read, un “marinaio” che tanto per allenarsi ha gareggiano nella precedente VOR arrivando secondo. Anche questa barca è disegnata da Juan Kouyoumdjian ma è costruita dal cantiere New England Boatworks di Portsmouth.
5 – Team Sanya. Nome della barca: Sanya Lan
Primo team cinese nella storia delle regate oceaniche, capitanato dallo skipper neozelandese Mike Sanderson che abbiamo già visto in 3 edizioni della America’s Cup e vincitore di 2 VOR. La barca è l’ex Telefonica Blue dello studio Farr. Questo è l’unico team a non avere una barca nuova.
6 – Team Telefonica. Nome della barca: Telefonica
Il Team spagnolo è capitanato dallo skipper Iker Martinez nel cui palmarès troviamo 2 medaglie olimpiche, la partecipazione a 3 Volvo Ocean Race, una regata intorno al modo senza scalo e molto altro ancora. Barca, disegnata da Juan Kouyoumdjian, è costruita dal cantiere King Marine di Valencia.
Le Tappe
La regata si divide in 10 in-port race e 9 tappe lunghe con partenza da Alicante (Spagna). Le successive saranno: Cape Town (SudAfrica), Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), Sanya (Cina), Itajaì (Brasile), Lisbona (Portogallo) e Lorient (Francia), Galway (Irlanda). Volta per volta vedremo come si sviluppa il percorso stabilito dall’organizzazione. Lungo le rotte sono stati fissati dei passaggi obbligati come fossero ‘boe’, per esempio l’arcipelago di Fernando de Noronha o le Isole Azzore, e saranno posti dei “cancelli”, gli ice-gate, che impediranno agli equipaggi di accorciare la rotta spingendosi alle basse latitudini dove si rischia di incontrare iceberg alla deriva.
Qualcuno disse non molto tempo fa che questa regata, erede della Withbread, è stata snaturata nella sua essenza che consiste essenzialmente nel battere il record del giro intorno al mondo con pochi scali. Le prime Withbread (la primissima fu nel 1973) contavano solo 4 scali e tappe molto lunghe. Un’avventura per pochi, sì molto pochi, perché le barche si vedevano alla partenza e non se ne aveva più notizia per settimane fino al primo scalo utile. Per fortuna oggi non é più così e migliaia di appassionati si danno appuntamento nelle più belle località del mondo grazie alla tecnologia che offre immagini in diretta via satellite e permette di seguire l’andamento della regata, commentare, chattare, assistere alle in-port race dalle banchine appositamente costruite sulle dighe foranee dei porti e veder sviluppare l’evento a pochi metri dal naso.
Per contro gli equipaggi, sapendo di raggiungere la meta nel giro di alcuni giorni, sono portati a spingere fino all’estremo le loro barche quando un tempo si sarebbero risparmiati sapendo di avere davanti mesi di navigazioni in mare aperto. E’ vero, l’operazione di marketing ha preso il sopravvento ma la VOR resta comunque un evento eccezionale per uomini eccezionali.
Testo e foto di Maurizio Cristofolini