Intervista di: Maurizio Cristofolini

Foto di: Carlo Borlenghi

MC :   Carlo, noi ci siamo conosciuti più di trenta anni fa, ricordi?

CB:      Già,  ne è passato di tempo.

MC:    Direi piuttosto…..Ne è passata di acqua sotto le barche! Ormai lo sanno tutti di come hai cominciato la tua carriera ma per chi si affaccia ora al mondo della fotografia raccontiamo in due parole come è andata.

CB:      Ho cominciato da ragazzo, sul lago di Como, dove sono nato, seguivo le regate locali, è stata la mia palestra, la mia gavetta,  poi sono passato ad eventi più importanti. Il grande salto l’ho fatto con i primi lavori per Uomo Mare Vogue.

MC:    Io ricordo che un giorno, eri ancora agli inizi della tua carriera ,  ti rubarono tutta l’attrezzatura. Giravi con un furgone Fiat o Volkswagen mi pare.

CB:      Si, avevo solo 21 anni erano proprio i primi passi. Sai a quell’epoca non esistevano gli uffici stampa sui campi di regata ne la fotografia  digitale e tantomeno i sistemi per spedire le foto, quindi se volevi lavorare dovevi essere totalmente autonomo. Io avevo un Fiat 242 sul quale avevo, oltre a macchine ed obiettivi, una camera oscura per sviluppare i rullini di diapositive e un gommone con motore,  perché non esistevano neanche gli uffici stampa che mettevano a disposizione le barche per i media.

MC:    Quindi?

CB:      Quindi al rientro da una regata portai in materiale al giornale a Milano lasciando il furgone in strada…….. bastarono 5 minuti per la consegna su in redazione  e il furgone era evaporato nel nulla!

MC:    Deve essere stato un brutto colpo per un ragazzo così giovane.

CB:      Sì, mi tremarono le gambe per un po’ , ma ero troppo lanciato e passato lo  shock ricomprai tutto e  ripartii più forte di prima.

MC:    A quei tempi a chi ti ispiravi per le tue foto.0

CB:      A quei tempi si faceva una fotografia molto diversa si fotografavano le barche nella loro interezza perché c’erano velieri che portavano velature imponenti, i fotografi più ammirati erano Beken of Cows e  Morris Resenfeld eravamo alla fine dell’epoca dei legni degli ottoni. Era una fotografia molto descrittiva e poco emozionale. È una fotografia che oggi non si può più fare, oggi c’è molto poco fascino in un albero o in una vela di carbonio bisogna aggiungere molta più creatività.

MC:    Tu hai vinto un sacco di premi, qual è quello che ti ha dato più soddisfazioni

CB:      A 28 anni ho vinto il premio “Marian Skubin Canon” per la migliore fotografia sportiva pubblicata in Italia, è stato un momento molto  importante per la mia carriera professionale, mi diede una grande spinta.

MC:    Oggi tu lavori per grandi marchi come Rolex,  sei fotografo di Coppa America e sei stato fotografo della Whitbread Round the World Race,  di Azzurra, di Luna Rossa, delle imprese di Soldini, oltre ovviamente alle foto pubblicitarie per i cantieri, dopo così tanti anni, nelle tue foto c’è ancora qualcosa di speciale, di diverso. Cosa vedi attraverso l’obiettivo che gli altri non vedono  e…  hai solo un occhio critico/tecnico o ne trai anche degli spunti?

CB:      In verità non guardo le foto di altri per prendere spunti ma per cercare di vedere cosa gli altri non hanno visto,  per essere diverso e proporre sempre qualcosa di nuovo, la fotografia è una continua corsa alla ricerca di stili nuovi, altrimenti si finisce sempre per copiarsi gli uni con gli altri.

MC:    Chi è il tuo fotografo preferito?

CB:      A parte il mio amico Kaoru Soheata, oggi credo che uno dei migliori sia Gilles Martin-Raget,  Gilles sa creare emozione sia nelle foto sportive che nel reportage.

MC:    Chi sarà un giorno, molto lontano spero,  l’erede di Carlo Borlenghi.

CB:      Eccoli! (Carlo si gira verso i suoi assistenti nello studio) Guido Trombetta, Luca Buttò, Stefano Gattini.  Loro, pur essendo giovani, sono  già oggi molto più bravi di tanti fotografi che ci sono in giro.

MC:    Per te quanto è importante la post-produzione?

CB:      Importantissima,  anche se una volta eravamo molto più bravi,  oggi col digitale non sbagli più, si fanno miracoli. Io passo il materiale ai ragazzi che lavorano con me, loro  sono talmente bravi e creativi che ogni tanto esagerano,  mi tocca tenerli a freno.

MC:    Carlo tu hai più passione per le barche, per il mare o per la fotografia?

CB:      Per la fotografia, assolutamente!

MC:    Supponiamo che un giorno tu non potessi più avvicinarti all’acqua e fossi costretto a cambiare, cosa faresti ?

CB:      Mi darei al reportage,  cosa che già faccio tra una regata e l’altra ma essendo ormai inghiottito dal sistema mi resta ben poco tempo, le regate si susseguono continuamente da una parte all’altra del mondo. Uno stile che amo molto è quello Gianni Berengo Gardin. Quello è il tipo di fotografia alla quale  vorrei dedicarmi!

MC:    Ma tu lavori poco in Bianco e Nero, o sbaglio?

BC:      Il mercato della foto commerciale vuole il colore ma quando posso mi dedico volentieri al  B/N, lo faccio per me… nel tempo libero.

MC:    Tornando al reportage, ho visto il tuo libro sul Mongolia Bike Challenge, una corsa in mountain bike per professionisti attraversola Mongolia. Sei passato dal mare al deserto, com’è andata.

CB:      E’ stata un’esperienza stupenda , fisicamente difficile: freddo, neve, niente docce calde, pasti frugali e tanti, tanti  chilometri in fuoristrada,  ma con una luce e dei panorami che non dimenticherò  mai    ….però è stato più facile che andar per mare.

MC:    Tu sei un po’ incosciente, non sai nuotare e sei sempre in mezzo alle onde, ma se cadi in acqua come fai? I tuoi colleghi concorrenti mica ti salvano…

CB:      Ha, ha.  Si è vero ma quando c’è mare grosso prendo l’elicottero…….

MC:    E’ perchè non sai nuotare che hai inventato una fotografia diciamo metasubacquea?

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CB:      Si, era necessario, sempre per il discorso di cercare un’inquadratura diversa.

MC:    Non sei stanco di tutto questo girovagare per il mondo?

CB:      No, assolutamente no. Quando il gommone si stacca dalla banchina ci sono solo io e la mia macchina fotografica, tutti i problemi restano  a terra, mi isolo totalmente e mi dedico a ciò che più mi piace al mondo.

MC:    Tu sei molto amato anche in Francia, dove hai ricevuto dei premi e ultimamente hai fatto una mostra a Parigi come è andata?

CB:      Molto bene anche se è stata breve, solo 15 giorni, ma ha fatto molto rumore mediatico abbiamo avuto tantissime viste, sono molto soddisfatto.

MC:    Che effetto ti ha fatto vederela Costa Concordia?

CB:      Sono stato al Giglio come fotografo di mare,  ci sono andato molto tempo dopo l’accaduto e non per la notizia in sè. È stato molto triste vedere quella “barca” buttata sugli scogli come una balena ferita, triste per la gente che ha perso la vita, triste per la marineria italiana.

MC:    Carlo se un giorno tu ti volessi ritirare dove andresti a vivere, eccetto Bellano dove sei nato?

CB:      Stromboli! Stromboli è un’isola fantastica, emozionante, per la gente ,  per i colori. Un’isola che col suo vulcano ti rammenta sempre che la terra è viva… e poi è in mezzo al mare.