Eolo ha cambiato casa.

novembre 27, 2011 in Le rotte di GB da admin

Testo e foto di: Maurizio Cristofolini

La bella e fortunata Grecia con le sue migliaia di isole sparse in un mare protetto e sicuro per la navigazione regala al turismo nautico infinite possibilità di svago. Le isole sembrano essere posizionate ad arte dal qualche Dio greco a poche miglia di distanza l’una dall’altra, sia nell’Egeo che nello Ionio, concedendo ai marinai, fin dai tempi di Ulisse, piacevoli navigazioni. Per chi non amasse ormeggiare in rada vi sono 13.000 posti barca nelle marine pubbliche e private che consentono di poter andar per mare con la certezza di trovare sempre un buon riparo. Buona parte di queste marine, tra l’altro, sono state insignite del premio “Bandiera Blu Europea”

L’estate scorsa si è chiusa con un altro bilancio molto positivo. Ma… Eolo dov’era?

Ci siamo posti questa domanda per quasi tutto il mese di agosto navigando nelle Cicladi occidentali giù fino a Milos e Folegandros e nelle Sporadi del nord, Skiathos, Skopelos e Alonissos. In 3 settimane abbiamo avuto solo 5-6 giorni di vento superiore ai 25 nodi. Per il resto una brezzolina leggera poco adatta a muovere con entusiasmo cabinati a vela di una certa stazza. Ma nonostante questo non piccolo dettaglio è stata come sempre un’estate meravigliosa, e ancor di più lo sarà stata per chi aveva una barca a motore, avendo goduto di un moto ondoso particolarmente contenuto.

Siamo partiti da Lavrion (35 miglia a est di Atene poco oltre capo Sunion) con 7 barche a vela ed un folto gruppo di amici e clienti a bordo. Il check-in avviene in un pomeriggio di caldo torrido senza un alito di vento, molto strano per questa stagione, il preludio di una vacanza di tutta tranquillità.

Scapolato il capo dell’isola di Makronisos, navigando a motore per assenza di vento, ci avviciniamo a Kea. La prima notte la si trascorre in rada a Ormos Nikolaou. In porto c’è posto ma la rada di fronte è troppo invitante. Ormeggiamo a pacchetto le sette barche, allineate con ancora a prua e cime a terra e scendiamo col tender per concederci la prima insalata greca della stagione, aperitivo, cena a base di pesce caffè e Metaxa 5 stelle, il cognac locale. Come la cena anche il conto è tipicamente greco: 20 euro a testa, e un sospiro di sollievo, a sfatare definitivamente il timore che abbiamo ogni volta che ritorniamo da queste parti (con quest’anno fanno quindici)che i bei tempi siano finiti. Non sono finiti, questo sarà stato uno dei conti più ‘salati’ pagati per una cena nelle innumerevoli taverne affacciate sui deliziosi porticcioli che visiteremo nelle prossime settimane .

La mattina seguente un venticello di 15 nodi proveniente da sud-ovest ci sospinge velocemente a Kithnos in una rada molto bella, protetta da uno scoglio stretto e lungo parallelo alla costa ma collegato all’isola madre da una sottile striscia di sabbia dietro la quale acque calme e sicure permettono di passare una notte alla ruota. Ormeggiai qui la prima volta che venni in Grecia 15 anni fa, appunto, e per fortuna da allora nulla è cambiato. Man mano che il cielo si infuoca alle luci del tramonto altre barche entrano in rada con rispettoso silenzio. Ma il bello avverrà il giorno seguente a Serifos.

Il primo giorno di vento vero, con 26/27 nodi e piccole raffiche di 30/32 nodi, ci permette finalmente di raggiungere Serifos a vela e di gran carriera, nonostante un po’ di onda fastidiosa data dal ‘fetch’ del basso Egeo. L’emozione di una bella giornata di vento, sole e spruzzi d’acqua salata fanno dimenticare la scomodità del moto ondoso.

La baia di Serifos, Livadi, si presenta in tutto il suo splendore: un piccolo molo al suo interno, sulla sinistra, contornato da ottime taverne, dominato da un incantevole vecchio paesino arroccato sulla collina. Alle sei del pomeriggio il molo si riempie di barche. Sulla banchina già si sente parlare italiano, francese, svedese, inglese, tedesco e, come sta capitando sempre più negli ultimi anni, anche russo. Gli skipper si scambiano impressioni sui luoghi e sulle barche.

Il clima è rilassato. Chi non trova posto in banchina butterà l’ancora più avanti, in fondo alla rada in acque basse e cristalline di fronte alla spiaggia deserta.

L’alba ci trova già in piedi. E’ l’orario migliore per fotografare il villaggio ancora deserto. Più tardi, mentre qualcuno scende a terra per rifornire la cambusa con prodotti freschi locali, gli skipper fanno a turno per riempire i serbatoi con l’unica canna dell’acqua del molo. Qui non bisogna avere fretta. Altra piacevole sorpresa: 500 litri d’acqua potabile costano solo 5 euro. Incredibile se pensate che su queste piccole isole di acqua ce n’è poca e la portano con le navi-cisterna.

….e l’ormeggio quanto costa? In ogni porto dove si attracca è bene presentarsi con il “Log Book” (DEKPA) in Capitaneria, dove si viene accolti spesso con grande cordialità e dopo essersi registrati si paga una sorta di tassa portuale dal costo molto contenuto. Si riparte.

Superiamo Sifnos ci fermiamo per un bagno veloce e proseguiamo, purtroppo solo a motore, per Folegandros, dove arriviamo verso metà pomeriggio. Il molo è piuttosto corto e già occupato per metà. Quattro di noi dovranno ormeggiare sul lato opposto dell’insenatura con le cime a terra, esposti ai venti di nord e nord-est. In tempi di Meltemi questo ormeggio risulterebbe molto difficoltoso, se non addirittura impraticabile, anche ricorrendo a una doppia àncora a prua e comunque con una certa apprensione per la notte. E’ proprio in questi casi che meglio riusciamo ad apprezzare la calma regalata da questa insolita situazione meteo.

Con grande puntualità ed efficienza la compagnia di charter greca ci fa pervenire tutte le mattine via SMS sul cellulare previsioni meteo di straordinaria precisione. Grazie a questo servizio ci concediamo il lusso di lasciare pochi uomini di guardia alle barche e visitare il paese in cima all’isola. Le barche che avevano trovato posto al molo devono mollare gli ormeggi alle 19,00 per l’arrivo del traghetto, riprendendo posto dopo poco meno di un’ora, peraltro avvertiti con molta cortesia dal personale dell’“Hellenica Cost Guard”. Anche qui ormeggio quasi gratis e soli 5 euro per l’acqua.

Descrivere il villaggio di Folegandros, detto genericamente ‘chora’ o capoluogo, adagiato sulle colline dell’isola non è facile. Sembra una scenografia ben riuscita del villaggio greco ideale, che dal cocuzzolo di un monte domina un angolo estremo dell’Egeo. Le piccole case quadrate sono rigorosamente dipinte di bianco, con un’unica concessione lasciata agli abitanti sulla scelta del colore degli infissi. Ed è lì che si scatena la fantasia degli accostamenti più arditi: gli azzurri, gli arancioni, i verdi sembra che vogliano competere con le esplosioni di colore delle bouganville in piena fioritura. A malincuore lasciamo anche questo pezzo di paradiso per dirigerci su Milos dove ci fermeremo almeno 3 giorni.

Nella primavera del 1820, un contadino, zappando il proprio campo nei pressi di Tripiti, trovò una statua di donna, anzi mezza statua. Non appena si sparse la voce del ritrovamento, un ufficiale francese, forse troppo interessato, esortò il contadino a continuare la ricerca del pezzo mancante. Trovata la parte inferiore e ricomposta la statua si resero conto della bellezza di quell’opera d’arte e al tempo stesso del suo grande valore. Si trovavano di fronte ad Afrodite la “Venere di Milo”. Ci furono brusche contese tra gli isolani, che nascosero la statua, gli ufficiali ottomani dominatori dell’isola, che la sequestrarono, e i francesi che intendevano sottrarla ai turchi. Pare che proprio durante queste vicende andarono perdute le braccia della Venere. La spuntarono i francesi e la statua venne offerta in omaggio a Luigi XVIII. Oggi chi volesse ammirarla nella sua menomata ma ancora affascinante bellezza deve recarsi al Louvre.

La prima tappa di Milos è la rada vicina al porticciolo di Pollonia, un’altra perla, all’estremità orientale dell’isola. La calma di vento del giorno seguente ci regala l’opportunità di un bagno alle scogliere di Sarakinikos, nelle cui spaccature si nascondevano i pirati, per poi entrare nella grande baia e ormeggiare ad Adamas, dove due grandi banchine riescono ad ospitare comodamente i traghetti da una parte e le barche da diporto dall’altra. Ma prima di arrivare ad Adamas, giusto all’entrata del golfo non si può mancare l’occasione di passare a distanza ravvicinata davanti a un vecchio borgo di pescatori, Klima. Da questa prospettiva si gode di un colpo d’occhio straordinario sul borgo con le sue coloratissime barche da pesca ormeggiate ai gavitelli, una falesia di gesso su un lato e sulla collina sovrastante Plaka, il villaggio capoluogo dell’isola, che insieme a Tripiti dominano dall’alto l’ingresso nella baia.

E’ un campionario infinito di bellezze, dalle scogliere rosse cariche di metallo a quelle bianche di gesso e giallo-ocra per lo zolfo, le grotte di Sykia, le falesie e i faraglioni di Kleftiko, altro rifugio di pirati, di antichi monasteri e il teatro romano del III sec. d. C. . Cos’altro ancora si può chiedere per i nostri occhi ad una così piccola isola del Mediterraneo.

Alla fine del terzo giorno buttiamo l’ancora a nord di uno scoglio poco fuori capo Psalidha. Attendiamo la mezzanotte ingannando il tempo con una cena leggera per poi partire alla volta del Peloponneso con rotta nord-ovest. Una facile notturna di 70 miglia da percorrere con tempo buono. Il giorno seguente ci aspettano Spetze, l’isola dei mastri d’ascia, e Hydra, l’isola degli artisti. Poi risaliremo più a nord fino alle Sporadi, incontrando sempre cortesia, disponibilità, buona cucina, facilità di ormeggio e soprattutto prezzi ancora molto convenienti, ma il resto lo racconterò la prossima volta.

Ricorre comunque la domanda: “dov’è finito il temutissimo Meltemi?” (nda: vento monsonico da nord est che nei mesi di luglio e agosto non scende mai sotto i 30 nodi tenendo questa forza anche per molti giorni, anche se le statistiche parlano di intensità molto inferiori).

Quest’estate si era spostato nel Dodecanneso, 150 miglia più a est, quasi in Turchia, come ci hanno raccontato altri amici incontrati in aeroporto al rientro, con i segni in volto delle notti insonni. Forse Eolo era solo andato in vacanza, a godersi un altro pezzo della sua splendida Grecia.

Articolo pubblicato sul Notiziario della Guardia Costiera