di Maurizio Cristofolini
“Primero estaba el mar. Todo estaba oscuro. No habia ni luna ni gente, ni animales, ni plantas. El mar estaba en todas parles. El mar era la madre. La madre no era gente ni nada, ni cosa alguna. Ella era el espiritu de lo que iba a venir y ella era pensamiento y memoria.”
Dalla mitologia degli indios Kogui: in principio c’era il mare. Tutto era buio. Non c’erano la luna, né l’Uomo, né gli animali, né le piante. Il mare era ovunque. Il mare era la Madre. La Madre non era persona, né cosa né il nulla. Ella era lo spirito di quello che sarebbe venuto ed era pensiero e memoria.
Cartagena de Indias, questo è l’antico nome della città fortificata, ultima tappa della via dell’oro da dove un tempo salpavano navi cariche dei tesori degli Inca dirette in Spagna. Seduto sulle sue mura antiche, gambe a penzoloni nel vuoto, guardo un mare libero fino a dove può giungere lo sguardo. Mi domando perché siano così pochi i naviganti diportisti che visitano questa parte del mar dei Caraibi. E spesso anche quei pochi che dalle Antille Olandesi vanno verso Panama tirano dritto senza fermarsi, perdendosi la possibilità di vedere un Paese straordinario e avventuroso come la Colombia. Pochissimi hanno voglia di sfidare gli stereotipi negativi che segnano l’infausta fama di questo Paese ma quei pochi sono stati ben ripagati da soddisfazioni che solo un viaggiatore curioso e attento può sperare di ottenere.
Cartagena potrebbe essere l’ultima tappa di un itinerario che passa delle Antille Olandesi. Un tratto di mare dove ci si può trovare a dover affrontare, in alcune stagioni, condizioni meteo-marine impegnative e particolarmente mutevoli, salvo nel periodo a cavallo tra la stagione umida (giugno – ottobre) e la stagione secca (novembre – maggio), unica finestra climatica favorevole.
Uscendo dall’influenza degli alisei, che calano decisi sulla fascia costiera, diventa molto importante osservare attentamente l’orografia della costa e il suo interno per valutarne il riflesso sulle variazioni climatiche in mare. La punta estrema a N.E. della Colombia, la Guajira, è caratterizzata da un vasto territorio pianeggiante, arido e per alcuni tratti totalmente desertico, dove l’unica vegetazione è costituita da grandi cactus. Più si scende verso S.O. più questo territorio si innalza verso i monti e il verde prende il posto del giallo fino ad arrivare, attraverso foreste e nevi perenni, alla vetta della Sierra Nevada di Santa Marta con la cima a 5800 mt. Immaginatevi dunque l’escursione climatica a cui si è soggetti nel passare dal deserto ad una montagna di questa imponenza dove la cima dista dal mar dei Carabi soltanto 50 km in linea aria. Ecco perchè è importante pianificare il passaggio sottocosta nella stagione giusta.
Avvistato e superato il faro più a nord del continente sudamericano, Punta Gallinas, il primo atterraggio possibile arrivando dal Venezuela o da Aruba è in una delle 2 grandi baie che si trovano prima di Cabo de Vela: Bahia Honda o Bahia de Porlete, molto chiuse e protette. La prima che si incontra è Bahia Honda con un paio di villaggi di pescatori Guajiros che a volte ricevono i naviganti con un eccesso di “calorosità”. La seconda, Bahia de Porlete, ospita il terminal della ferrovia mineraria da dove viene caricato il carbone del “Cerrejon”, una delle miniere a cielo aperto più grandi al mondo. E’ un po’ meno affascinante della precedente ma qui si può trovare un valido aiuto in caso di necessità. Passato Cabo de Vela varrebbe la pena buttare l’ancora dietro la punta dove il tramonto infuoca i colori rossi e ocra del deserto. Da qui in avanti nei pressi delle saline e delle lagune interne non è raro trovare grandi comunità di fenicotteri rosa.
Con un salto di un centinaio di miglia navigando in favore di vento e di corrente si lascia la costa desertica per entrare nella zona umida. Superata la cittadina di Rioacha e alcuni piccoli villaggi, vedremo ergersi alla nostra sinistra l’imponente massiccio della Sierra Nevada. La foresta, che qui si è fatta ora totalmente tropicale, racchiude alcuni dei siti archeologici di grande interesse all’interno del Parque Tayrona.

Ancora poche miglia più in là si aprono una serie di baiette con acque tranquille, ideali per una sosta. Una di queste è Taganga che offre un buon ormeggio su sabbia e una bellissima spiaggia con ristorantini dall’atmosfera molto familiare che servono aragoste a prezzi introvabili altrove.
Per entrare nella baia di Santa Marta si lascia sulla dritta “El Morro Grande”, un grosso scoglio sul quale svetta un bel faro a pianta esagonale alto 83 metri costruito con mattoni a vista. La città si sviluppa ai bordi di una piacevole insenatura sulla quale si affacciano sia il porto commerciale che la parte antica della città ed è un ottimo posto per fare provviste a costi contenuti. Per chi non avesse ancora provveduto a sbrigare le pratiche d’ingresso nel Paese qui è possibile mettersi in regola e ottenere dalla Capitaneria di Porto il “ZARPE”, un documento indispensabile per navigare nelle acque colombiane.
Santa Marta è una gradevole cittadina coloniale fondata nel 1525. Vale la pena trascorrere qui un paio di giorni visitando per esempio la “Quinta di don Pedro Alejandrino”, una interessante casa museo dove Simon Bolivar, detto il Libertador, esalò il suo ultimo respiro, oppure la “casa de los indios” dove è facile incontrare qualche componente della tribù dei Kogui diretti discendenti dei Tayrona (1200-1500 d.C.), una popolazione precolombiana alla quale si riconosce una ricca mitologia e una particolare abilità nella lavorazione dell’oro.
Per i più avventurosi che volessero spingersi all’interno consiglio una visita alla “Città Perduta” i cui resti sono paragonabili per bellezza e importanza alla più nota Machu Picchu del Peru’. Difficile da raggiungere ma non impossibile, questo sito archeologico, nascosto nella foresta pluviale ad un’altitudine di circa 2000 metri, fu scoperto da un tombarolo nel 1975. Se un tempo ci si poteva arrivare solo a dorso di mulo con un viaggio di una settimana, oggi ci si può anche atterrare in elicottero che parte dall’aeroporto di Santa Marta.
Lasciata Santa Marta si arriva, dopo poche miglia, al Rodadero, riconoscibile fin da lontano per i suoi palazzi in riva al mare. El Rodadero è il centro balneare dei Bogotani, dotato di una grande marina molto trafficata, con ristoranti, bar, seconde case e tutte le attività tipiche di un centro vacanziero. Anche qui presentandosi alla Capitaneria di Porto è possibile sbrigare velocemente le pratiche di ingresso o di uscita e trovare assistenza di buon livello tecnico per eventuali problemi alla barca. El Rodadero potrebbe essere anche un ormeggio sicuro dove lasciare la barca per qualche giorno e avventurarsi all’interno verso le terre dove Gabriel Garcia Marquez ambientò il suo più celebre romanzo “Cento anni di solitudine”, o ancora per un’escursione indimenticabile alla Cienaga Grande, un’immensa laguna con una superficie di circa 900 kmq alimentata dalle acque del rio Magdalena. Questo immenso ecosistema offre uno spettacolo di natura incomparabile, ricco di vegetazione e di animali con caimani tartarughe e uccelli di ogni tipo. Lo si attraversa con lance veloci che in un paio d’ore collegano Pueblo Viejo, sulla costa, a Nueva Venecia un affasciante villaggio costruito su palafitte proprio nel mezzo della laguna.
Salpiamo dal Rodadero alla volta di Cartagena. Per circa 40 miglia la navigazione è piuttosto impegnativa. Qui la forza delle correnti del rio Magdalena si scontra con il moto ondoso del mare creando una combinazione di onde incrociate abbastanza fastidioso, ma è sufficiente puntare sul capo di Barranquilla, evitando il golfo e il porto commerciale poco attraente , che si è subito in acque più tranquille. Dopo altre 60 miglia ecco Cartagena. Sfilate le mura della città vecchia si vedranno sullo sfondo i condomini della parte nuova e oltrepassato il castello “Fuerte Castello Grande” l’ingresso alla baia si aprirà davanti a voi dalla Boca Grande. Il mio consiglio è di dirigersi al club nautico vicino alla città vecchia dove si potrà chiedere ospitalità per il tempo che ci si vorrà fermare. Anche qui è possibile adempiere alle formalità doganali di ingresso o di uscita, pratiche che suggerisco di lasciar sbrigare da un agente marittimo del posto perchè particolarmente complicate, questo vi darà il tempo di visitare Cartagena vecchia che val bene una lunga, lunghissima sosta. Oltrepassata l’antica porta dell’orologio la città si schiuderà ai vostri occhi come un fiore segreto. Le bellezze della “città amurallada” sono di tale e tanta bellezza che non si può non restarne affascinati: antichi palazzi con chiostri nascosti, innumerevoli chiese, la cattedrale, la casa dell’inquisizione, l’ex piazza del mercato degli schiavi ora chiamata plaza de la Aduana, già scelta come set dai più grandi produttori di Hollywood per la sua originalità e bellezza. A Cartagena vennero girati numerosi film di successo come Cobra verde con Klaus Kinski, Mission con Robert de Niro, Queimada con Marlon Brando e l’ultimo in ordine di tempo, in uscita nelle nostre sale per fine 2007, L’amore ai tempi del Colera. Tra i vicoli di questo gioiello architettonico di epoca coloniale avrete di che perdere la testa. La città fu fondata nel 1533 ed oggi è patrimonio mondiale dell’umanità protetta dall’UNESCO e meta di visitatori provenienti da tutto il mondo. Tranquilla di giorno e vissuta di notte, è l’orgoglio dei suoi abitanti che la mantengono con estrema cura.
Come dicevo, per muoversi con sicurezza in queste acque è bene far una visita al comando della “Guardacosta”, la CP5 dove si potrà avere un riassunto delle informazioni preziose riguardo a documenti, permessi e consigli pratici. Come, per esempio, bisogna sapere che per recarsi alle vicine isole del Rosario e poter ormeggiare in rada è necessario ottenere un permesso di ingresso al parco oppure che in alcune zone della baia più lontane dalla città non è consigliabile fermarsi di notte. La CP5 vi potrà inoltre fornire il bollettino meteo e altre notizie utili per il vostro soggiorno.
Da quando la Marina Militare Colombiana sentì la necessità di organizzare la Guardia Costiera il Corpo ha continuato a “crescere” in termini di mezzi e uomini. Oggi i suoi 1500 guardacosta sono distribuiti sul territorio in 19 giurisdizioni sparse tra la costa caraibica di 1300 km (con 589.000 kmq di mare ) e la costa pacifica di 1600 km (con 340.000 kmq di mare), oltre a 8685 km di fiumi dei dipartimenti fluviali come il rio Magdalena, il rio Putumayo il rio Meta e il Rio delle Amazzoni.
I vari conflitti territoriali per il controllo delle acque confinanti, conflitti fortunatamente solo amministrativi, con Venezuela a est, con l’Ecuador a sud e a nord col Nicaragua, per il possesso delle due piccole isole San Andres e Providencia, oltre all’ attività di ordinaria amministrazione hanno sempre messo a dura prova questo corpo, di numero esiguo per uomini e mezzi, rispetto al compito che è chiamato a svolgere su un territorio grande quasi 4 volte l’Italia. Va detto che da queste parti per “ordinaria amministrazione” si intende il pattugliamento delle coste con mezzi navali e aerei per combattere il traffico della droga, considerato uno dei più potenti al mondo, e altri traffici illeciti che nelle regioni più remote sono facilitati dalla presenza dei grandi fiumi del bacino amazzonico usati come grandi vie di comunicazione del commercio illegale. E poi ancora: controllo del traffico marittimo, protezione dell’ambiente con una massiccia campagna antinquinamento, sicurezza della navigazione, centro ricerca oceanografica, gente di mare e registro marittimo delle navi e delle imprese.
Durante il soggiorno a Cartagena non si può mancare una visita alle Isole del Rosario. Questi pochi isolotti a circa 20 miglia S.O. dalla città sono la parte emergente di una barriera corallina che si estende per circa 60 miglia sul fondo marino. Molto frequentate durante il week-end, ritornano ad essere un luogo di pace durante la settimana invitandovi a un ancoraggio tranquillo, a una visita all’acquario tropicale pieno di tartarughe, delfini, innocui squali nutrice e pesci di ogni forma e colore, a una cena a base di pesce freschissimo portato dai pescatori e sullo sfondo le casette del “buen retiro”: delle stranezze architettoniche costruite da stravaganti artisti.

A questo punto non resta che decidere se lasciare la Colombia mettendo la prua su Panama e dirigersi direttamente alle isole San Blas, oppure continuare l’avventura costeggiando e scendendo verso il golfo di Urabà, per andare a visitare la foresta pluviale del Chocò o le piantagioni di quelle banane che arrivano fin sulle nostre tavole o ancora i pittoreschi villaggi coloniali della regione di Antioquia. Insomma altre avventure, vere avventure, perché fino ad ora è stata una passeggiata.